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La maestosa facciata della Cattedrale del Duomo, oggi resa
più leggibile grazie ad un sapiente restauro, fu pensata e realizzata dopo il
1730 dal Vaccarini, che fu anche l'autore della fontana dell'Elefante. Al
centro del secondo ordine è la statua di Sant'Agata che viene illuminata da
fiammelle alimentate a gas durante i giorni dedicati alla sua festa.
La baluastra chiara, che delimita l'area a giardino antistante la chiesa, è una
realizzazione tardo ottocentesca così come le nove statue di santi che le fanno
da corona.
L'interno della chiesa, ampio e luminoso, contiene, tra le altre ricchezze,
importanti testimonianze della storia catanese e della devozione agatina.
L’area sulla quale poggiano le fondamenta era occupata da un edificio termale
di età romana. Costruita in età normanna (forse tra il 1086 e il 1099) dal
conte Ruggero rivestì la funzione di chiesa-fortezza proprio perché fu
edificata molto vicina al mare.
Dell’età normanna ci rimangono le absidi e due splendide cappelle laterali,
dedicate a S.Giorgio e al Crocifisso.
Dopo il terremoto del 1693 si pensò di far rinascere la chiesa su quella
preesistente e questo spiega la presenza delle diverse testimonianze antiche
visibili all’interno dell’edificio; la parte centrale divisa in tre navate fu progettata
da Girolamo Palazzotto, mentre del Vaccarini fu certamente la sistemazione
definitiva di tutto l’edificio.
Tra le cose notevoli la tomba del Beato Cardinale Giuseppe Dusmet, il padre dei poverelli, per
il suo apostolato in vita; il suo corpo mummificato è posto in una teca di
vetro a cui i fedeli rivolgono una devozione quasi pari a quella della
“Santuzzaâ€. Altre tombe famose con spoglie di re e regine sono sitemate nella
cappella della Madonna e precisamente quella dei re Aragonesi, Federico III,Luigi,
Federico IV e di Costanza d’Aragona, sua moglie, e della regina Maria, moglie
del re Martino I, del vicerè Ferdinando de Acuña, opera di Antonello Freri. Splendido anche l’organo di oltre
mille canne posto sopra l’ingresso principale.
Addossata al secondo pilastro della navata centrale è la sepoltura di Vincenzo
Bellini che naque a Catania nel 1801. Dopo la sua morte, giunta prematuramente
all’età di 34 anni, egli fu sepolto a Puteaux in Francia e, solo dopo 41 anni,
le sue spoglie furono traslate a Catania proprio dentro la Cattedrale.
Dalla tomba di Bellini, percorrendo l’ampia navata centrale, ci indirizziamo
verso l’area sacra occupata dall’altare maggiore.
Maestose ci appaiono le grandi absidi normanne, liberate dagli stucchi
ottocenteschi durante i lavori di restauro condotti intorno agli anni sessanta.
Sopravvissute al terremoto del 1692, le absidi della cattedrale di Catania ci
riportano alla mente altre grandiose realizzazioni medievali siciliane quali il
Duomo di Monreale e quello di Cefalù, ambedue in provincia di Palermo.
A destra dell’altare maggiore è la cappella di sant’Agata protetta da un’elaborata
cancellata di ferro battuto fatta costruire dopo alcuni furti sacrileghi che
fecero nascere il detto proverbiale: “Dopu
ca a Sant’Aita arrubbaru, ci ficiru i porti i ferruâ€. L’interno è abbellito
da tutta una serie di manufatti preziosi tra i quali spicca un portale tardo
quattrocentesco che immette nella zona dove sono custodite le reliquie della
santa, detta “a cammaredda†dalla quale viene portato fuori il prezioso
simulacro il 4 febbraio, per la cosiddetta messa dell’aurora, tra una
straordinaria folla di fedeli.
Nella sagrestia del Duomo è conservata una preziosa testimonianza della
tormentata storia catanese: l’affresco con la narrazione dell’eruzione del
1669. Questa pittura non ha un grande valore artistico, ma la sua importanza
documentaria è notevole. L’opera è attribuita a Zacinto Platania, pittore di
Acireale nato nel 1612 e morto nel 1691.
La città di Catania, con l’Etna sullo sfondo, è ripresa a volo d’uccello da un
punto talmente alto che permette di abbracciare l’intera area urbana cittadina
con le campagne, i boschi e la larga cintura di lava che circondò una grande
parte della città .
Il Platania era stato testimone oculare dell’eruzione del 1669 e, con la
collaborazione del medico Saverio Musumeci e di altri volontari, riuscì a
deviare, in parte , la colata ma, gli abitanti di Paternò, spaventati per le
conseguenze di questa operazione, lo minacciarono di morte costringendolo a
rinunciare all’impresa.
Il castello Ursino completamente circondato dalla lava mostra, in primo piano,
la cortina e i baluardi che un tempo servivano per la difesa della fortezza; a
sinistra del castello si vede il nero fiume di lava che sgorga copioso dai
Monti Rossi dipinti sullo sfondo.
Al centro dell’affresco si vede il quartiere della Civita con la parte di
fortificazione ancora esistente e l’antica cattedrale con l’alto campanile.
Tutt’intorno il nucleo di abitazioni medievali che si svilupparono intorno alla
piazza e alla cattedrale. Sempre al centro si possono vedere alcune scene con
le imbarcazioni che portano aiuti alla popolazione, le processioni religiose e
lo sgomento dei cittadini catanesi.
Sullo sfondo, proprio sotto il cono dell’Etna, si vede un ampio spazio verde ricco
di boschi e campi coltivati.
La realizzazione dell’affresco fu voluta dal vescovo Bonadies che si preoccupò
di raccogliere i profughi ed avviarli in luoghi sicuri dei casali e dei paesi
vicini.
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