Le
Terme Achilliane, situate sotto Piazza Duomo, risalgono probabilmente al II
secolo d.C., mentre una seconda fase edilizia risalirebbe al V secolo d.C. Qui
vi scorrono le acque fresche del fiume Amenano. Non è certo il loro utilizzo
come terme: sembra infatti che il luogo poteva servire anche da frigidario. Secondo
alcuni storici il nome delle terme deriva dall’iscrizione su una lastra di
marmo qui rinvenuta e databile alla prima metà del V secolo, oggi conservata
nel Museo Civico del Castello Ursino, e riporta la dicitura Achillianai ;
secondo altri invece, esso deriva da una statua dell’eroe greco Achille, che
non è però giunta fino a noi.
I lavori di scavo ebbero inizio nel
Settecento per opera del principe di Biscari, con l’obiettivo di liberare
l’edificio completamente coperto in seguito alla devastante eruzione del 1669. Il
principe riuscì però a ripristinare solo una parte del complesso termale. Nel corso degli anni dunque le terme
sono state soggette a varie ristrutturazioni, anche per problemi di allagamento.
Durante i lavori di scavo sono state rinvenute delle tracce anche nei pressi di
Via Garibaldi, facendo dunque ipotizzare che l’edificio si estendesse da Piazza
Duomo fino ad arrivare alla Via Garibaldi.
Oggi, dell’impianto originale si
conserva una camera centrale, chiamata “sala a pilastriâ€, alla quale si accede
da una breve strettoia posta sul lato destro della facciata della Cattedrale, attraversando
un corridoio con volte a botte. Secondo i pochi dati ottenuti in seguito alle
diverse campagne di analisi della tecnica costruttiva, la sala principale, in
una prima fase, doveva presentare una pianta rettangolare allungata, mentre
nella seconda fase subì un ridimensionamento modificando dunque la forma della
pianta. La camera, caratterizzata dal soffitto a crociere e sorretto da quattro
pilastri a pianta quadrangolare, ospita una serie di vasche facenti parte di un
complesso sistema di canalizzazione dell’acqua. Al centro del vano principale
si possono osservare i resti di un’ampia vasca in marmo, facendo ipotizzare che
anche i pavimenti, oggi ormai ridotti a piccole tracce, fossero stati
realizzati in marmo. Le pareti ed il soffitto erano arricchiti da
stucchi e decorazioni rappresentanti scene legate al mondo della vendemmia.
Grazie alle opere di scavo, all’interno sono state ritrovate quattro lapidi, le
quali in passato erano probabilmente esposte all’ingresso, e poi in seguito
murate sulla base dei quattro pilastri che dividono le navate della cattedrale.
Nella parte occidentale dell’edificio è possibile scorgere il fiume Amenano e
intravedere le fondamenta della Fontana dell’Elefante. Gli stucchi e i
suggestivi decori colpirono il pittore francese Jean-Pierre Houel durante il
suo viaggio in Sicilia tra il 1776 e il 1779. Il pittore ha ribattezzato
l’edificio come “tempio di Bacco†proprio per gli affreschi presenti nelle
volte che rappresentano scene di carattere agreste.