Al
centro di Piazza Cavour, su un bassorilievo rivestito di ciottoli,
circondata da una gradevole area verde, si erge la fontana di Cerere,
meglio conosciuta come Tapallara do Burgu (dea Pallade del
Borgo). Fu così denominata dai catanesi in senso dispregiativo, perchè originariamente questo monumento, realizzato dallo scultore
palermitano Giuseppe Orlando nel 1757 e raffigurante la dea Cerere,
dea della fertilità dei campi, fu concepito in occasione di una
devastante carestia a Catania, al fine di venerarla e chiederle aiuto
per la città . Inizialmente venne posizionata in Piazza Università ,
nella quale rimase impiantata per circa cinquant'anni; in seguito,
terminata la condizione di necessità , probabilmente per il non
concesso aiuto divino, la statua della dea iniziò ad essere
disprezzata e oltraggiata oltre che espressamente rifiutata dal
popolo catanese, al punto che il Senato cittadino, che l'aveva
commissionata, fu costretto a spostare e riposizionare la fontana
nella periferica piazza Borgo, dove attualmente si trova. Da questo
momento in poi, alla fontana vennero attribuite dicerie e leggende
circa la sua facoltà di essere da sempre causa di sfortuna per la
città al punto che fu deturpata, sfregiandole le braccia e il naso,
mandando in frantumi anche la falce che
teneva in pugno, ma
successivamente si è provveduto a sistemarla e a ricostruire alcuni
degli elementi distrutti.
La
fontana, realizzata in marmo di Carrara, è composta da un'elegante
vasca, posta come base per contenere l'acqua che fuoriesce dagli
ugelli idrici, al centro della quale è posto un alto basamento
ornato da una parete di finto pietrame sulla quale troviamo, oltre
che alcune piccole figure scolpite e animali marini, un cartiglio
incastonato nella parte posteriore, posto a ricordare chi commissionò
l'opera, ovvero il Re Carlo III di Borbone e i senatori Pietro
Galletti, Giovanni Riccioli, Alessandro Clarenza, il marchese di
Salazar e Domenico Anzalone; nella parte anteriore, invece, è
presente una dedica documentata da un’iscrizione in latino: “Essa
un tempo dettò leggi e diede miti alimenti alle terre; ora
ricordandosi della patria, dal marmo fa piovere la ricchezzaâ€.
Nella parte superiore del basamento si trova un'altra vasca più
piccola a forma di quattro grosse conchiglie, nella quale viene
raccolta l'acqua che fuoriesce dalle bocche dei mascheroni scolpiti
su ogni lato del piccolo piedistallo di forma quadrata posto al
centro della vasca più piccola, sulla cui sommità troneggia la
statua della dea Cerere; l'acqua raccolta trabocca successivamente
nella vasca principale, posta in basso. La statua è avvolta da una
classica veste e posa in maniera fortemente ancheggiante nell'atto di
brandire una falce.
La fontana di Cerere è
inoltre nota per un equivoco ormai divenuto storico che riguarda
proprio il suo nome. All’indomani della realizzazione, il popolo
catanese la scambiò per la Dea Pallade ed iniziò a chiamarla in
maniera dispregiativa la “tapà llaraâ€. Ancora oggi la statua è
simpaticamente ricordata con questo particolare soprannome, che viene
spesso utilizzato per indicare una ragazza poco affascinante. Non è
raro, infatti, che a Catania una giovane donna non molto bella possa
essere definita là ria comu a tapà llara ‘do Bùggu (brutta
come la “tapà llara†del Borgo).