Quando nel 1693 la terra
ripetutamente tremò spazzando via il Val di Noto, il barocco siciliano era al
suo culmine. Ciò che
ci è giunto fin qui è testimonianza di come si possa creare qualcosa di ricco e
bello da una triste disgrazia. Con il termine
barocco intendiamo un fenomeno
complesso, non solo uno stile architettonico o artistico, ma un
momento culturale e storico. I committenti dello stile barocco erano
soprattutto papi, sovrani, principi e anche la borghesia. Attraverso il
fasto, l’elaborazione esplosiva si sottolineava la ricchezza, la
regalità , la potenza, l’ispirazione spirituale o religiosa. Tutto questo, in Sicilia e nella Catania Barocca, assume un significato ulteriore:
ricostruzione .
Il viceré Uzeda, dovendo affrontare l’emergenza della ricostruzione di 77 città , affidò il compito della riedificazione di Catania al suo
vicario, Giuseppe Lanza, duca di Camastra. Fu riutilizzato lo stesso sito per sfruttare le fortificazioni
non danneggiate e alla città fu dato un volto tutto barocco, i cui
protagonisti furono una schiera di architetti: primo tra questi l’abate Giovan Battista Vaccarini, che unì l’accademismo
romano e la libertà della tradizione; lo seguirono il suo allievo Giuseppe Palazzotto, Francesco Battaglia, che invece approdò a uno stile più sobrio e di grande compostezza
formale, e infine Carmelo Battaglia Santangelo.
Il piano del Camastra prevedeva la creazione di due principali arterie, quella del corso della
Cìvita (via Vittorio Emanuele) e quella di via Uzeda (via Etnea), perpendicolari tra loro fino a
formare un angolo retto in piazza del Duomo.
Il tessuto stradale ad assi retti, connesso alle vecchie mura, dava un'impostazione barocca e scenografica alla città . Porta Garibaldi veniva aperta in asse con il prospetto del Duomo; Porta Uzeda costituiva la conclusione di via Etnea, che incrociando via di Sangiuliano formava i Quattro
canti; via Vittorio Emanuele offriva la prospettiva sui ricchi palazzi della città e sulle prestigiose chiese;
piazza Mazzini arricchiva via Garibaldi.
Il piano divideva la città in due parti: quella
popolare ad ovest; quella ecclesiastica e nobiliare ad est, attorno a
via Crociferi e alla Civita. Ovviamente,
la costruzione delle residenze nobiliari ed ecclesiastiche e delle
strade monumentali valorizzava maggiormente la parte est
della città . Sui tracciati medievali, a occidente, nell'antica città alta
ove il Teatro romano, l'Odeon, la Rotonda ricordavano ancora un passato
prestigioso, si concentravano le povere case. Un'altra strada, via di Sangiuliano (ex strada dei quattro cantoni), intersecava
la via Uzeda (via Etnea) ad angolo retto, formando con essa i quattro
canti. Furono realizzati il Corso (oggi via V.
Emanuele), arricchito dei più bei palazzi settecenteschi, e via Crociferi, con le più belle chiese ed innumerevoli edifici
ancora.
Uno dei difetti di quel piano regolatore è il non aver previsto
ulteriori strade parallele a via Etnea, difetto che oggi crea problemi
non indifferenti al traffico cittadino. Altri architetti furono il toscano Stefano Ittar, il palermitano Antonio Amato e numerosi altri artisti. Tra i nobili che finanziarono la ricostruzione assume un ruolo fondamentale Ignazio Paternò Castello, Principe di Biscari, il quale, oltre ad erigere il sontuoso Palazzo Biscari sulle mura antiche, fondò un Museo affinchè accogliesse i reperti trovati fra le
macerie. La sua pregiata collezione si trova oggi al Castello Ursino. I benedettini realizzarono un'opera eccezionale: la ricostruzione del
Monastero di San Nicolò l'Arena, forse il monumento più affascinante della città barocca e sicuramente il più grandioso.