Sul
lato occidentale della centralissima piazza Stesicoro, in
posizione più alta rispetto alla stessa piazza, sorge in tutta la
sua maestosità la chiesa di San Biagio,
conosciuta anche con il nome di Sant'Agata alla Fornace e
popolarmente definita con l'appellativo 'a
carcaredda (la fornace), poichè in questa chiesa era presente
una grande fornace costruita appositamente per il martirio umano e, secondo la tradizione popolare, fu proprio in questo luogo che
avvenne il martirio a Sant'Agata, per non aver voluto rinunciare alla
sua fede
e adorare gli dei pagani,
finendo per essere sottoposta alle torture sui carboni ardenti.
Dopo la
morte della santa, nel punto dove avvenne l'episodio, sorse un
capitello votivo per ricordare il martirio e successivamente, nel XVI
secolo, fu costruita una chiesa in onore di San Biagio che fu rasa al
suolo dal terremoto del 1693.
Il
vescovo Andrea Riggio, nel 1700, fece riedificare sulle macerie della
precedente chiesa l'attuale tempio sacro, su progetto dell'architetto
Antonio Battaglia.
La facciata, in stile
neoclassico, è preceduta da una scalinata del tardo settecento chiusa
da una cancellata, caratterizzata da un timpano triangolare sostenuto
da colonne binate che incorniciano l'unica porta d'ingresso della
chiesa. Tra il timpano e la porta venne collocato il grande
medaglione dell’Addolorata, realizzato da Salvatore Calì, che
ricorda l'evento del 1710, in cui il vescovo Riggio istituì la
congregazione dei preti secolari sotto il nome di “Maria Santissima
dei Sette Doloriâ€. L'interno della chiesa è molto sobrio e si
presenta con un'unica navata, in fondo alla quale, nel presbiterio,
troneggia l'altare maggiore con una tela settecentesca
dell'Addolorata e due sculture che raffigurano San Giovanni
Evangelista e Santa Maria Maddalena.
Ai lati del
transetto sono collocate due cappelle: a sinistra, quella dedicata al
Crocifisso e a destra, quella dedicata a Sant'Agata, nella quale è
presente un altare adornato da un pregevole paliotto costituito da
marmi policromi e ciò che lo caratterizza è la presenza di una teca
in vetro in cui si possono ammirare i resti dell'antica fornace
utilizzata per il martirio, oltre che l'affresco di Giuseppe Barone
del 1938 in cui è riprodotta la scena del supplizio, e una lapide, che
attraverso un'iscrizione in latino ricorda l'esecuzione del tragico
evento: « Hic Vultata est Candentibus », che tradotto in italiano
significa “Qui fu voltata tra i carboni ardentiâ€.
Di grande valore
artistico sono anche gli affreschi del settecento rappresentanti la
Sacra Famiglia, Sant'Andrea, San Giovanni Nepomuceno e San Biagio
esposti nei vari altari minori.
Inoltre, il 3 febbraio di
ogni anno, con la solenne processione dell'offerta della cera, in
questo luogo hanno inizio i festeggiamenti alla Patrona alla quale
partecipano le più alte cariche del governo cittadino e il clero, i
quali, assieme ai devoti, da qui si muovono per recarsi al Duomo ed offrire
la cera a Sant'Agata.